Il clan in Bosnia

Il nostro campo e’ iniziato a Tuzla, dove siamo stati accolti dall’associazione Amica. Lì l’incontro con Ivfranka, che con Amica ha speso la sua vita a sostegno della gente di Bosnia, di ogni credo ed etnia. Il suo lavoro durante la guerra è stato di cura, di sostegno psicologico e da allora continua instancabile per promuovere il benessere fisico e non solo, la formazione e l’inserimento di chi ha subito i danni indelebili della guerra.
Da lì dopo due ore e mezzo attraversiamo Srebrenica e arriviamo a Osmace. Un villaggio montano con meno di 200 abitanti.

I bosniaci musulmani di Osmace, che hanno visto distrutte le loro case, stanno pian piano tornando a ripopolare la loro terra. La povertà e la fatica, il dolore per un passato che ha toccato tutte le famiglie del villaggio non oscurano il sorriso e l’accoglienza dei suoi abitanti, pronti ad aprire le loro case e a offrirti kafa, dolcetti e chiacchiere tra una fatica e l’altra. Tanti gli incontri che hanno lasciato il segno: Zucra, la nostra nonnina bosniaca, Beli il gigante buono, Sabika donna forte e dolce, antica e moderna. E Irvin che ci ha raccontato dei suoi sogni da bambino lasciati nella casa di Srebrenica. Dove, dopo anni di vita da rifugiato in Italia, è tornato per non fare altro male alla sua terra abbandonandola, e dove al posto dei giochi ha trovato un albero cresciuto in salotto.
Con la loro vita essenziale e vera, gioiosa nonostante tutto, la gente di Osmace ha riempito i nostri zaini di tesori grandi. Semi da piantare, e far crescere perché questo campo non resti solo un bellissimo ricordo.